Sacrificati sull'altare del coronavirus

A causa di un'emergenza sanitaria, il nostro governo, come quello di numerosi altri Paesi in Europa e nel resto del mondo, ci ha imposto limitazioni paragonabili solo a quelle dei tempi di guerra, mettendo un'intera nazione de facto agli arresto domiciliari, con tanto di controlli di polizia. I nostri diritti costituzionali, in tempo di pace, sono stati sospesi e così anche le nostre vite, le nostre relazioni, fino alle più basilari ed istintive manifestazioni di affetto.

Da giorni ormai ci viene detto e ripetuto come un mantra che la prossima settimana si raggiungerà il picco e poi la situazione andrà migliorando ... sempre la prossima settimana, mentre noi tutti manteniamo accesa la fiamma ormai flebile della speranza in attesa di un Messia che non si sta manifestando, perché quando, al termine dell'ennesima settimana di digiuno e sacrificio a questo falso dio, si guardano i numeri e li si analizza con matematica freddezza, appare quanto mai evidente che la realtà smentisce di giorno in giorno le profezie di tanti stregoni improvvisati. Personalmente, di fronte ad un nemico invisibile e sconosciuto, ho voluto dare alle autorità il beneficio del dubbio ed ho atteso con pazienza di osservare i risultati di questa strategia scellerata. A questo punto è doveroso porsi delle domande e fare delle considerazioni.

Sarebbe andata diversamente se non ci fossimo tappati tutti in casa come topi in trappola? Sarebbe andata meglio o peggio o forse allo stesso modo, se ognuno di noi avesse continuato a vivere una vita più o meno normale, magari con qualche semplice precauzione sanitaria in più? Da un punto di vista scientifico manca infatti l'esperimento di confronto, l'unico che potrebbe fornirci delle ipotesi alternative attendibili. Quando si sperimenta l'efficacia di una cura, si confronta il decorso della malattia in un gruppo di pazienti ai quali viene somministrato il farmaco rispetto ad un altro gruppo al quale viene invece somministrato un placebo. Noi abbiamo una popolazione sotto farmaco (la clausura) ed una piccolissima percentuale sotto placebo (gli addetti ai servizi essenziali e di emergenza). Quindi non possiamo trarre alcuna conclusione sull'effettiva efficacia della cura, né sull'andamento della diffusione del virus in sua assenza, salvo notare che buona parte della piccola percentuale di popolazione sotto placebo è fortunatamente ancora in vita e - salvo un numero limitato di casi, la cui incidenza è tutta da verificare - in buone condizioni di salute. Il che, di per sé, sarebbe già un argomento atto a screditare completamente la terapia.

Quello che sappiamo è che la cura che è stata applicata senza averne studiato l'efficacia in modo accurato avrà degli effetti collaterali pesanti a livello politico, economico e sociale. E questa, a differenza delle ipotesi sulla sua efficacia, è una certezza. In altre parole abbiamo somministrato ad una nazione di 60 milioni di abitanti una cura dall'efficacia assolutamente incerta ma con effetti collaterali certi e massacranti. Una terapia che, da un punto di vista medico, può essere giustificata solo dall'ultimo stadio della follia.

E'  facile prevedere che in un Paese come l'Italia, con un tessuto economico fatto da una miriade di piccole e medie imprese, le conseguenze economiche saranno disastrose. Al termine di questa pandemia, ci saranno individui e famiglie che avranno perso molto, forse troppo per sopportare il colpo da un punto di vista economico e psicologico. Ci sarà chi avrà perso familiari, amici e lavoro; chi si troverà costretto a chiudere la propria attività; chi avrà perso la casa perché non sarà più in condizione di pagare il mutuo; chi avrà accumulato tanto stress per essere stato in prima linea per settimane, per mesi, che non avrà più la forza di rialzarsi. Al termine di questa pandemia, dopo aver contato i morti per il coronavirus, ci troveremo a contare i morti per suicidio. E sarà una nuova ecatombe, alla quale si aggiungerà quella dei malati di altre patologie, le cui cure sono state rinviate o sospese, con il conseguente aggravarsi delle loro condizioni.

Tutto l'ardore patriottico dimostrato nei primi giorni della pandemia sfumerà come un evanescente alito di vento quando i piatti saranno vuoti ed il popolo diventerà una mandria di bestie affamate, disperate ed ormai prive di senno a causa della prolungata cattività, a caccia del ladro che ha rubato loro la pagnotta, la libertà e la vita. E le forze dell'ordine e l'esercito, che hanno acquisito un potere immenso, impensabile in tempo di pace, individui che sono al contempo parte del popolo e risorse dello Stato, cosa faranno? Dove si schiera un esercito quando il popolo vuole la testa di chi lo ha tanto mal governato da farne carne da macello?

Inutile negarlo: siamo ormai arrivati ad uno stato di polizia, nel quale vieni fermato appena esci dal portone di casa per verificare che tu abbia lo speciale lasciapassare da coprifuoco in tempo di guerra e nel quale uscire senza alcun permesso è diventato IL crimine in senso assoluto, l'unico punibile, perché - nel perdurare di questa legge draconiana - ogni altro crimine o illecito viene liquidato come "non urgente", "non importante", come se l'intero codice penale fosse stato archiviato e sostituito con un tratto di penna da qualche decreto abbozzato in fretta e furia, sotto la minaccia del nuovo dittatore incoronato. Questo cambiamento epocale, realizzato in tempo record, ha ottenuto per assurdo - in un Paese tipicamente insofferente verso le regole e la disciplina - il plauso del popolo interno, che addirittura lo chiedeva a gran voce, dominato dal terrore ed inginocchiato davanti ai nuovi "grandi sacerdoti" venuti da oriente per insegnarci a dominarlo, carichi di doni come moderni re magi e portatori di leggendarie novelle su terapie miracolose basate su sacrifici umani da presentare al nuovo idolo. Forti di un'autorevolezza venuta dall'aver distorto la verità e gestito un esperimento che di scientifico non ha neppure il nome, questi falsi profeti, venuti da un mondo in cui i problemi si risolvono sparpagliando carri armati nelle piazze e nelle strade,  hanno importato una cura che uccide il paziente insieme al virus. Il pubblico nostrano di questo spettacolo da baraccone, attonito ed imbambolato come un bambino davanti al suo primo spettacolo di un grande prestigiatore, ha continuato a guardare il virus presumibilmente moribondo (senza notarlo comparire vivo e vegeto e sempre più forte nella strada accanto solo un attimo dopo) ed ha esultato, dimenticando di osservare l'ammalato, la Nazione intera, che - morto il virus - aveva contratto a causa della terapia ogni altra patologia che si possa immaginare, dal rachitismo alla depressione. E davanti ai dati che smentiscono a gran voce l'efficacia della magia orientale, il popolino drogato di profetiche promesse si affaccia alla finestra urlando all'eretico o all'untore che audacemente apre il portone di casa e si affaccia su un mondo che ormai non riconosce più.

Quello che pochi stanno dicendo, nel turbinio di questa follia, è che questa situazione è in buona parte la conseguenza di decisioni scellerate del passato. Le epidemie sono episodi relativamente frequenti nella storia dell'uomo, che - di quando in quando - esplodono come bombe incontrollate mietendo numerose vittime. Chiunque abbia studiato la storia lo sa bene e chi ci governa avrebbe dovuto ipotizzare che prima o poi, anche in tempi moderni, con o senza pericolosi esperimenti di laboratorio, si sarebbe verificato un evento del genere. Come per terremoti, trombe d'aria ed eruzioni vulcaniche, il punto non è se accadranno ma quando e ciò che un governo dovrebbe fare è accertarsi di essere pronto a gestire queste situazioni. Evidentemente né noi né tanti altri Paesi lo eravamo.

Nel corso degli ultimi anni i nostri governi hanno tagliato la sanità all'essenziale, riducendo lo staff medico e gli investimenti in posti letto, strumenti e forniture medico-chirurgiche. Andavamo fieri di un sistema che adottava sempre più tecniche di day-hospital, così da ridurre ulteriormente i posti letto. Abbiamo imposto limiti assurdi alle iscrizioni alla facoltà di medicina, perché l'Italia non aveva bisogno di tanti medici. Abbiamo privatizzato larga parte dei sistema sanitario, affidandolo ad imprenditori che lo gestiscono con la logica del profitto e non del futuro del Paese. Ma il sistema sanitario che abbiamo volutamente azzoppato e poi mandato in guerra è solo la punta di un iceberg che ingloba tutto il sistema. Una nazione che toglie diritti ai lavoratori, come è stato fatto negli ultimi decenni, gradualmente, li costringe ad accettare situazioni di precariato, carenze nella sicurezza e nella tutela sanitaria e persino ricatti, soprattutto in tempi di crisi. Tra coloro che si sentono costretti a lavorare anche quando hanno la febbre o mal di schiena o problemi in famiglia, coloro che - per rispettare i ritmi di lavoro imposti - non trovano neppure il tempo di lavarsi le mani, coloro che rincorrono mille obblighi ed impegni tra lavoro e famiglia fino ad accumulare un livello di stress distruttivo per il sistema immunitario, abbiamo sviluppato una classe lavoratrice malata che cova e distribuisce morbi di ogni genere negli ambienti di lavoro, nei negozi, nelle palestre. Siamo arrivati al punto in cui il nostro governo si è sentito in dovere di elargire e diffondere istruzioni su come lavarci le mani! Il punto è che avremmo dovuto farlo molto prima, fin da bambini, e che nessun datore di lavoro dovrebbe avere il diritto di negarti il tempo necessario per curare la tua igiene personale.

Abbiamo fatto tutti questi sacrifici in nome dell'economia, della finanza, dello spread, del PIL (concetti che il cittadino comune nemmeno saprebbe definire, ma i cui nomi e numeri ha imparato ad osservare con timore reverenziale, come un fedele davanti all'arcana manifestazione dell'ira degli dei), li abbiamo fatti perché "ce lo chiedeva l'Europa", quell'Europa che oggi, invocata da più parti per la nostra salvezza, è scomparsa e si è rintanata nelle stanze dorate del potere ad osservare i topi in trappola, ad attendere il carosello quotidiano dei numeri, per calcolare quante cavie saranno rimaste dopo che il nuovo dittatore COVID-19 avrà ottenuto sacrifici sufficienti a saziarlo.

Beh, se questa davvero è una guerra, mi domando se davvero vogliamo subirla, attendendo la morte terrorizzati, davanti ad un piatto vuoto, mentre il nostro governo ci rimbambisce con l'ennesimo carosello di numeri e di slogan, oppure se vogliamo affrontarla da soldati coraggiosi, guardando in faccia il nostro nemico, per il bene delle nostre famiglie e dei nostri figli. In ogni caso questo nemico mieterà numerose vittime. Dobbiamo decidere se tra queste vogliamo includere anche le libertà civili (che le generazioni passate hanno conquistato con il sangue), la nostra dignità ed il futuro di questo Paese.