Parità di genere

Secondo lo studio globale sul “Gender Gap” (divario di genere tra uomini e donne) recentemente pubblicato dal World Economic Forum (che ne analizza l’evoluzione in 144 nazioni dal 2006), l’Italia si posiziona al 50° posto, preceduta – come prevedibile – dai Paesi scandinavi, i più avanzati per quanto attiene la parità di genere, e da buona parte dei Paesi del centro-nord Europa, tra i quali l’Irlanda, la Svizzera, la Germania, l’Olanda, la Francia, la Danimarca e il Belgio, ma anche da Paesi del sud Europa come Spagna e Portogallo. Meno prevedibile è invece il fatto che buona parte dei Paesi Europei siano risultati, sotto questo aspetto, più arretrati del Rwanda (5° in classifica), delle Filippine (7°), del Nicaragua (10°),  del Burundi (12°) e della Namibia (14°) e che l’Italia sia preceduta dalla Bolivia (23°), dalla Moldavia (26°), da Cuba (27°), dalla Colombia (39°), dall’Ecuador (40°), dalla Giamaica (42°) e da Panama (47°). Coloro che da sempre guardano agli Stati Uniti come ad un faro di civiltà saranno lieti di apprendere che tra noi italiani e gli americani c’è poca differenza in termini di opportunità per le donne: gli USA, infatti, si posizionano 45°, appena sopra Panama, ma meno equi della Giamaica e della Colombia e sicuramente ben lontani dalla posizione virtuosa del Nicaragua, che negli ultimi anni ha compiuto passi da gigante in questo campo.

L’indice utilizzato per stilare questa particolare classifica tiene in considerazione: la partecipazione alla vita economica, che comprende sia l’opportunità di impiego sia il livello di remunerazione; l’accesso all’istruzione; la salute e la speranza di vita; la partecipazione alla vita politica.

La posizione dell’Italia è risultata particolarmente deludente in merito a due dei quattro aspetti valutati: la presenza femminile in ruoli di potere politico e la partecipazione delle donne alla vita economica, aspetto per il quale ci collochiamo al 117° posto, ben lontani da paesi come il Burundi (1°), il Botswana (6°), il Ghana (10°), il Malawi (12°), la Mongolia (23°) e il Vietnam (33°); in particolare le donne italiane difficilmente ottengono significativi avanzamenti di carriera e rimangono spesso escluse da posizioni manageriali, sono ancora oggi pagate meno dei colleghi di sesso maschile e si devono spesso accontentare di lavori atipici e precari.

In sintesi il nostro Paese si mostra ancora molto maschilista e poco incline a riconoscere la valenza socio-economica della donna. Decisamente una vergogna e, benchè si siano fatte diverse leggi sulla questione, a tutt'oggi dette leggi rimangono un mero esercizio giuridico!