SITUAZIONE ECONOMICA ITALIA 2017

L'anno 2017 si è concluso e, nonostante i migliori proclama dei nostri governati, lo stato dell'economia non lascia spazio allo smodato ottimismo. Per meglio comprendere la situazione è necessario suddividere la mole di informazioni economico-finanziarie per tipo al fine di evidenziare le criticità e far emergere i miglioramenti. 


Ometterò le spiegazioni fornite negli scorsi report 2016 e 2015; chi volesse può rileggerseli. I dati ufficiali provengono dalle fonti accreditate, come la Ragioneria generale dello stato, il MEF e l'INPS, mentre i dati reali sono rielaborazioni di quelli ufficiali fatti dallo scrivente alla luce di diversi fattori (cito ad esempio l'integrazione nei conti dell'evasione fiscale stimata e del giro di affari delle criminalità, che annacquano il PIL).

Bilancio dello stato

Sul fronte del bilancio pubblico la situazione appare come sempre disperata: le entrate non riescono a coprire le innumerevoli uscite e la gestione complessiva dell'erario fa acqua da tutte le parti. Le poste evidenziano un sempre maggiore ricorso al debito e, vista la previsione di rialzo tassi entro i prossimi 3 anni, la cosa non fa dormire sereni.
Le entrate dello Stato sono per il 2017 pari a 523,171 miliardi di euro (MLD), mentre le uscite sono pari a 879,682 MLD; quindi in generale lo stato deve coprire ricorrendo al mercato del debito 356,512 MLD. Analizzando le poste si evidenzia che le entrate tributarie sono pari a 463,052 MLD, quelle extra tributarie sono pari a 57,608 MLD e le entrate da alienazioni beni, ammortamneti  e riscossione crediti sono pari a 2,511 MLD. Le uscite per contro sono pari a 502,616 MLD per le spese correnti, 79,209 MLD per gli interessi e 43,932 MLD per quelle in conto capitale.
Entrando maggiormente nel dettaglio sul fronte delle entrate e delle uscite in bilancio troviamo le seguenti voci (espresse in MLD):


  

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La prima cosa che si nota è il differenziale tra entrate ed uscite, dovuto principlamente al rinnovo di stock di debito ed alla fiscalizzazione previdenziale. La seconda è l'enorme onere che il bilancio pubblico sopporta per il pagamento degli interessi sul debito. Appare evidente che lo stato non sia in grado con l'attuale gestione di coprire il debito pubblico; in effetti si aggiunge nuovo debito all'esistente per far fronte alle uscite, con il triste risultato di un debito pubblico salito a quota 2.275 MLD; inoltre con l'approssimarsi di una risalita dei tassi è facile capire che gli oneri per interessi aumenteranno nei prossimi anni, rendendo ancora più precaria (se mai fosse possibile) la situazione finanziaria.
Analizzando meglio le voci di uscita (ed ometto di pubblicare ogni singola voce), si scopre poi un fiume di denaro sperperato e, se fosse realizzata una seria spending review, si potrebbero realizzare risparmi tali da coprire parte degli stock di debito, consentendo un piano serio ventennale per l'abbattimento dello stesso del 23,7% (540 MLD).

Stato del welfare

L'ente preposto alla gestione della previdenza e dell'assistenza sociale (ammortizzatori sociali ecc...) è l'INPS. Questo ente ricopre un ruolo molto importante per il nostro Paese e gestisce una massa non indifferente di denari. Dall'andamento del suoi conti si possono dedurre una serie di elementi che meglio aiutano a soppesare lo stato globale del'economia italiana. Passiamo quindi a vedere i dati preventivi del 2017.




E' ben evidente nei numeri che l'Inps non sia in grado di sopperire alle proprie funzioni con i suio incassi di contributi e rendite patrimoniali; in effetti si rende sempre più necessario l'intervento dello Stato che trasferisce una fetta rilevante dell'imposizione fiscale per evitare il tracollo dell'ente. Nelle more del bilancio si evidenzia come gli organi di controllo abbiano censurato il modus di rilevazione degli accantonamenti al fondo svatulazione crediti contributi e lo stesso abbiano fatto per gli accantonamenti al fondo rischi ed oneri. Appare vero che dalla gestione dei crediti contributivi (oltre 100 MLD) potrebbero derivare significative minusvalenze ed altrettanto potrebbe accadere dalla gestione del contenzioso, che potrebbe riservare oneri e perdite assai rilevanti. Avuto rigurado alla copertura che il fondo offre alla massa dei crediti (54%), il rischio di una bomba a tempo non è da escludersi ed il suo impatto potrebbe aggirarsi sui 50 MLD complessivi, che, anche se ripartiti fra più esercizi, darebbero sempre un bell'affondo alla barca INPS.
La situaziuone in sintesi evidenzia che per ogni pensionato ci sono 1,388 lavoratori che versano contributi e la soglia ritenuta minima è di 1,55. Inoltre si appalesa l'insufficienza della contribuzione per le finalità che l'ente dovrebbe perseguire. Infine da una attenta analisi emergono partite di giro e fondi che si spostano con segno - e + ma all'atto pratico l'INPS è carente di fondi e di entrate e presto dovrà fare i conti con questa situazione. 
Per quanto riguarda il patrimonio immobiliare è da notarsi anche in questo caso la censura sulla registrazione dei conti in merito agli oneri: la continua manutenzione necessaria e le spese di gestione potrebbero aggravare ulteriormente il bilancio dell'ente. A tal fine giova ricordare che, a fronte di un valore contabile di 3,127 MLD, recentemente si è parlato di vendere detto patrimonio per arginare l'emorragia di denari, ma la stima di mercato pare essere intorno ai 2,5 MLD e, oltre a coprire poco, produrrebbe una minusvalenza valutabile in 713 milioni di euro circa.
Concludendo abbiamo troppe pensioni erogate (18.026.205) e una insufficienza di massa contributiva ed il trend pare peggiorare, vista la ormai cronica instabilità del mondo del lavoro e la continua decontribuzione concessa alle aziende.

Evasione fiscale

Il fenomeno dell'evasione fiscale, cioè di nascondere base imponibile al fisco, è ben radicato nel nostro paese e produce ammanchi nelle casse dell'erario veramente importanti. Le cifre sono ovviamente stimate, in quanto sarebbe logico che se si conoscessero evasori e somme li si potrebbe anche perseguire e recuperare i denari. 
Parlando di importi rileva che attualmente il danno da evasione è stimato in c.a. 111 MLD di cui 97 MLD attribuibili ad imposte e tasse, mentre 11 MLD alla contribuzione. Analizzando più nel dettaglio la voce maggiore si nota che l'evasione IVA sia di 35,7 MLD, quella Irpef 35 MLD, quella Ires 11,6 MLD; seguono poi Irap 8,4 MLD, Imu 4,8 MLD, locazioni 1,5 MLD ed altro 3 MLD. Ribadendo che le cifre sono stimate, appare tuttavia evidente come lo Stato non sia in grado (o peggio non voglia) intervenire con decisione per arginare il fenomeno e recuperare quanto dovuto. Inoltre va sottolineato che l'evasione fiscale si concretizza in un danno alla collettività e che a maggior ragione andrebbe stroncata. 

Industria e finanza

L'andamento dell'industria nel 2017 è stato positivo, tuttavia i dati rilevati incrociati tra loro mostrano alcune incongruenze che rendono assai complesso affermare un tasso di crescita piuttosto che un altro. Quello che emerge chiaramente è che il comparto industriale sia cresciuto in termini di fatturato ed utili e che alcuni settori abbiano avuto buone performance (farmaceutico; riparazione ed installazione macchinari; fabbricazione mezzi di trasporto), mentre altri abbiano avuto un'annata non felice (attività estrattiva; fabbricazione computer, prodotti di elettronica e ottica; alimentari, bevande e tabacco).
A fronte di un risultato complessivo soddisfacente, troviamo però una drastica discesa della manodopera impiegata che, in linea con i passati anni (-740.000 posti di lavoro solo nel manifatturiero in 10 anni), rende ancora più inquietante la reale situazione: si sta verificando una pericolosa concentrazione di ricchezza, per lo più nelle grandi aziende, mentre diverse PMI stanno saltando. Inoltre va sottolineato come le manovre di sviluppo continuino a favorire le aziende con sgravi impositivi, rendendo più che evidente che quelli che piangono il morto stanno macinando i fanta-miliardi di Zio paperone a discapito della massa dei lavoratori sempre più poveri ed in difficoltà, oltrettuto ostaggi di una legislazione che sembra favorire oltremodo il c.d. ricatto imprenditoriale (il recente aumento di morti sul lavoro ne è un tragico campanello d'allarme). A riprova di quanto appena detto ci sono i dati sui prezzi dal 2010 ad oggi: mentre i prezzi alla produzione sono scesi arrivando nel 2016 ai livelli del 2010, quelli al consumo sono o rimasti stabili o sono saliti, creando di fatto un gap notevole che per l'appunto si traduce in un impoverimento della massa ed un arricchimento dell'industria.
Il settore finanziario, in particolare le banche, rimane oppresso da una notevole mole di crediti deteriorati e, nonstante le recenti svendite e cartolarizzazioni, ancora la situazione non sembra gestibile. Tuttavia i bilanci delle banche hanno mostrato un ritorno alla redditività, in alcuni casi anche di buon livello ed anche in questo caso si è registrata una drastica diminuzione della manodopera impiegata. 
Un altro aspetto che sempre più coinvolge l'industria italiana è la produzione per l'esportazione (quest'anno oltre 550 MLD a fronte di un PIL di 1.717,38 MLD), cioè una parte rilevante dei beni e servizi prodotti in italia vengono poi venduti all'estero. Un altro fattore che evidenzia come il mercato interno stia perdendo colpi in termini assoluti, evidenziando le già citate difficoltà della massa.

Lavoro

I dati sul mercato del lavoro sono quanto di più esilarante si possa trovare: con vari artifizi statistici si riesce sempre ad affermare che cali la disoccupazione e cresca l'occupazione. Rendiamo più semplice il discorso, togliendo di mezzo le sterili percentuali e parlando di numeri reali omegeneizzati sul parametro delle 8 ore per lavoratore al giorno.
Dai dati sappiamo che la forza lavoro consta di 30.936.000 unità, mentre gli occupati del 2008 (inizio crisi) erano 25.349.000 e quelli del 2017 sono 25.230.000. Nel 2008 si sono lavorate 40,1 MLD di ore, mentre nel 2017 le ore lavorate sono state 39 MLD. Ne deduciamo che utilizzando il semplice parametro delle 8 ore al giorno otteniamo che nel 2008 c'erano 19.803.906 occupati (posti di lavoro a otto ore giornaliere), mentre nel 2017 ne abbiamo 19.500.017. In sintesi, oltre a non aver ripreso i valori pre-crisi, si evidenzia che, a fronte di una consistente forza lavoro, l'occupazione reale a 8 ore è assai bassa. Se ne può concludere che in termini di giornata lavorativa piena i disoccupati (intesi senza sotterfugi quelli che non lavorano) sono 11.436.000 pari al 36,97%! 
Per concludere va anche detto che la qualità degli attuali posti di lavoro è assai più bassa di quelli presi a paragone (periodo pre-crisi), sia per condizioni che per remunerazione. In effetti si guadagna meno e si lavora con minori o peggio inesistenti tutele.

PIL

Come già accennato nel punto precedente, il PIL italiano si è attestato nel 2017 a 1.717,38 MLD; tuttavia, considerato come questo dato venga calcolato (cioè con l'inclusione di alcune poste di comodo, come il giro d'affari della criminalità, la prostituzione e l'evasione fiscale), direi che ancora siamo lontani da risultati apprezzabili. Inoltre recenti studi hanno mostrato che il PIL da solo non riesce ad essere un indicatore affidabile della ricchezza di un paese e mai come per l'Italia tale questione risulta essere attendibile. Facciamo due conti semplici:


PIL: 1.717,38 MLD
Volume d'affari criminalità stimato  170 MLD
Evasione fiscale stimata 111 MLD
Pil fittizio gestione clandestini stima 6  MLD
PIL reale 1.431.78 MLD


Considerando che le poste stimate sono soggette a notevoli variazioni (dovute alle stime di comodo), si evidenzia dai dati che la situazione economica è meno florida di quello che ci viene prospettata. Più precisamente nel 2008 il PIL era a 1.272,852 MLD di euro ed oggi, escludendo i dati che non venivano inclusi all'epoca, abbiamo un PIL di 158,93 MLD superiore; peccato che contestualmente il debito pubblico sia salito di 604,4 MLD! Significa che per ogni euro di PIL ci siamo indebitati per 3,801. Qualsiasi azienda falliberebbe in queste condizioni e non credo che lo Stato ci vada lontano, viste le proiezioni per i prossimi anni.

CONCLUSIONE

Il Paese appare essere in una fase di debolezza economica e precarietà, i numeri evidenziano che non ci sono i mezzi per ripagare il debito e che l'occupazione è di scarsa qualità. Dal punto di vista strutturale il welfare non è sostenibile e la sanità ha costi troppo elevati, soprattutto in relazione ai servizi resi. 
Destano grande preoccupazione la concentrazione di ricchezza e la conseguente povertà aumentata, elementi che evidenziano il degrado sociale, esarcebato sempre più da manovre "divide et impera" operate dai governi (che hanno portato ad una fetta rilevante di persone rabbiose che serbano rancore indiscrimainato) e dalla totale assenza di piani pluriennali che possano definire una linea stabile per la ripresa economica e sociale.
Un giorno le fantasie contabili non saranno più sostenibili e il disastro apparirà in tutta la sua drammaticità, servirebbe decisamente un cambio di rotta che poggi su azioni concrete e visione d'insieme, magari con orizzonti temporali lunghi!